martedì 21 ottobre 2014

UNA VOCE DAI COMUNI

Sabato scorso, presso il Campidoglio, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha trascritto nei registri di stato civile 16 matrimoni omosessuali, celebrati all’estero. Un gesto importante che ha scatenato una lunga serie di polemiche. Il prefetto della Capitale, Giuseppe Pecoraro, infatti, ha chiesto al sindaco di rispettare le norme e annullare le trascrizioni “per evitare irregolarità sul registro di stato civile”, data l’assenza di una legge in materia. A monte della decisione di Pecoraro c’è una circolare, firmata dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, in cui s’invitano i sindaci a cancellare tali trascrizioni. Marino, invece, continua per la sua strada, annunciando che, se dovesse ritenersi necessario, potrebbe anche ricorrere alla Corte di Strasburgo.
Quella del Campidoglio è solo un’altra voce che si unisce ad altre che hanno compiuto lo stesso gesto. Roma, infatti, non è la prima città italiana a trascrivere matrimoni dello stesso sesso. Udine, Bologna, Livorno, Milano, Reggio Emilia, Grosseto, Firenze, Empoli e molte altre hanno deciso in passato di compiere simbolicamente questo gesto, in attesa che diventino legali a tutti gli effetti. Un bisogno che i rappresentanti dei comuni e capoluoghi urlano alle istituzioni; una richiesta che, condivisa o meno, è pur sempre un diritto.

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