martedì 9 dicembre 2014

MAFIA CAPITALE: UNA FORMA DI GATTOPARDISMO

Un altro scandalo ha colpito Roma. Uno scandalo più grande di una panda carica di multe o di qualche sacco dell’immondizia lasciato a marcire sui marciapiedi. Questa volta la città eterna è sotto inchiesta per mafia. Un caso enorme che vede, solo all’albeggiare, più di 100 indagati e una quarantina di arresti. Coinvolti nello scandalo politici, imprenditori e amministratori, volti noti e meno noti: tutti parte di una lunga serie di giri sporchi, corruzioni e criminalità organizzata. Quella della Capitale viene vista più come una “holding” fluida, flessibile e con più settori d’interesse. A capo di tutti, sembrerebbe esserci Massimo Carminati, ex Nar, nonché affiliato della nota Banda della Magliana. Uno scandalo che arriva fino a dentro le stanze del Campidoglio, includendo nomi d’ambienti di destra, come l’ex sindaco Gianni Alemanno o il consigliere Luca Gramazio, e di sinistra, come l’assessore alla Casa, Daniele Ozzimo, e il presidente del consiglio comunale, Mirko Coratti. Nella “filiale” mafiosa non ci si occupava solo di affari criminosi come usura e droga, ma anche di pubblica amministrazione, partecipazioni ad appalti pubblici, finanziamenti per la corruzione dei pubblici ufficiali, nonché ““le commesse e i finanziamenti (…) nella gestione dei campi nomadi, delle strutture riservate agli stranieri richiedenti asilo e ai minori non accompagnati, nella raccolta dei rifiuti e nella manutenzione del verde pubblico”.
La presenza della mafia a Roma sta facendo, nel cuore dei romani, lo stesso effetto che fecero, nel cuore dei palermitani, i maxi processi degli anni ’90. Era noto da tempo che Roma fosse carica di favoritismi, nepotismi e che, per entrare da qualche parte, era necessaria “una parolina” da parte di qualcuno. È una situazione squallida, ma “non c’illudiam romani” - come scrisse Pasquino un tempo -! Questa tempesta serve solo per far cambiare le gerarchie, poiché “tutto deve cambiare, affinché non cambi niente”.

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