martedì 9 giugno 2015

CURDI PER LA PRIMA VOLTA IN PARLAMENTO. PAROLE D'ORDINE: DEMOCRAZIA E LIBERTA'

Le velleità autoritarie del presidente turco Erdogan sono state bloccate e rispedite al mittente. Protagonisti della svolta delle elezioni di domenica scorsa in Turchia sono i Curdi. L'Hdp, il partito filocurdo, sfonda la soglia di sbarramento, ottiene il 13 per cento ed entra, per la prima volta nella storia turca, in parlamento con 79 seggi, portandosi con sé ben 31 donne. Tutti in piazza a festeggiare. Tutta la notte. Libertà, svolta democratica, diritti e pace sono le parole d'ordine del partito curdo. Concetti opposti alla politica perseguita fino ad oggi dal tre volte presidente Erdogan, legato al partito filo-islamista Akp. Svegliatosi, all'indomani delle elezioni, con tre milioni di voti e 71 seggi in meno rispetto al 2011, perdendo la maggioranza assoluta. Il grande sconfitto dunque. Il vento del cambiamento arriva anche in Turchia. Lo chiedono i giovani, quelli che sono stati duramente repressi dal regime in piazza Taksim. Non sono i soli. Ci sono quelli della rivolta di Gezi Park. Le donne, che per Erdogan dovrebbero sforzarsi di non sorridere, e che ora invece saranno in parlamento a fargli opposizione. I curdi, quel popolo protagonista dei combattimenti contro l'Isis, che con determinazione si è ripreso Kobane, che stava per cadere sotto lo Stato islamico. Quel popolo che non ha mai ricevuto supporto dal presidente turco in questa lotta di liberazione. E che, anzi, gli ha voltato completamente le spalle. 
Un presidente, Erdogan, da 11 anni al potere, che ha provato ad espandere con ogni mezzo le proprie mire dittatoriali. Portando all'assurdo 10 per cento la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento. Ma a poco è servita in queste ultime elezioni, con i curdi che l'hanno comunque sfondata. E soprattutto palesando la propria volontà di modificare la costituzione in senso presidenzialista/dittatoriale. Ma anche qui ora ha fallito, perché per fare ciò serve la maggioranza assoluta che non ha più. La prossima questione da affrontare è la governabilità. Nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta. E, come lo stesso Erdogan ha ammesso, senza questa, un partito da solo non può governare. Servono alleanze dunque. I partiti in gioco sono Akp (di Erdogan), Hdp (del curdo Demirttas), Chp (eredi di Ataturk sostenitore di una Turchia laica e filo-occidentale) e Mhp (la destra nazionalista). La strada è dura. Ma, con un'affluenza alle urne record dell'86.49 per cento e i risultati ottenuti, la lezione di democrazia è innegabile. Anche per l'Italia. È la dimostrazione che, quando le forze politiche si candidano scontrandosi con i modelli precostituiti e si propongono come davvero alternative, le persone vanno a votare, partecipano. E si fanno protagoniste del cambiamento

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